La lingua finlandese: una lingua “aliena” con radici antichissime, nata nelle regioni tra il fiume Volga e gli Urali, al confine dell’Europa.
Durante un corso di finnico per immigrati, uno studente si dispera ed esclama: “Ma questa lingua è impossibile da imparare!”. Tutti i compagni di classe si dichiarano d’accordo: non c’è verso di imparare un linguaggio così complesso. L’insegnante placa il mugugno: “Il finnico non è una lingua difficile… vi sembra complicata ma è solo profondamente diversa da quelle che parlate voi”.
Lasciamo ai posteri l’ardua sentenza sulla difficoltà del finnico (o suomi come viene chiamato dai Finlandesi), ma senza dubbio una cosa è vera: è una lingua che differisce sostanzialmente dalle altre lingue parlate in Europa, e da quelle comunemente studiate in Italia. Questo perché la quasi totalità dei linguaggi europei (circa 30-40 quelli maggiori) appartiene ad un’unica famiglia, quella delle lingue indoeuropee. Le lingue appartenenti a questo gruppo derivano da un unico “antenato”, il proto-indoeuropeo. A questa famiglia appartengono, per fare qualche esempio, l’italiano e il tedesco, ma anche il russo, il persiano e l’hindi. Seppure alcune di queste lingue siano sostanzialmente diverse l’una dall’altra, è possibile rintracciare similitudini nelle loro strutture più profonde che fanno pensare ad un’unica origine.
Il finnico, al contrario, appartiene alla famiglia delle lingue ugrofinniche, un sottogruppo delle lingue uraliche. Il finnico non ha alcun legame di parentela, neanche alla lontana, con le lingue europee, né tanto meno con l’italiano. Le uniche similitudini sono dovute ai prestiti lessicali, verificatosi dal contatto dei popoli ugro-finnici con altri parlanti lingue indoeuropee. I prestiti di cui parliamo possono essere antichissimi, o contemporanei, come museo e auto.
Il finnico è strettamente imparentato con l’estone (più o meno la stessa differenza che esiste tra l’italiano e lo spagnolo), e alla lontana con le lingue saami (o lapponi). Esso è imparentato anche con l’ungherese (da cui il termine ugro-finnico), ma la somiglianza tra le due lingue è talmente tenue da impedire qualsiasi tipo di comprensione reciproca tra un ungherese ed un finlandese. Questa divergenza linguistica è dovuta al fatto che il gruppo delle lingue ugriche (di cui fa parte l’ungherese) si staccò per primo dall’antenato linguistico comune.
Della famiglia delle lingue ugrofinniche fanno parte anche lingue minori (per lo più parlate sul territorio russo), alcune con status di lingua ufficiale locale (possiamo citare il komi, il mari e l’udmurt) e altre prive di alcun riconoscimento istituzionale (tra cui il careliano, l’ingrico, il vepso). La maggior parte di queste lingue minori è in via di estinzione, a causa dell’esiguo numero di madrelingua e della concorrenza del russo come lingua economico-istituzionale.
Senza entrare nei dettagli possiamo citare, tra gli aspetti comuni alla maggior parte delle lingue ugrofinniche, oltre all’agglutinazione (la possibilità di ottenere parole attaccando morfema dopo morfema in successione):
- la mancanza di tonalità nel discorso (se parlate con un finlandese anziano o di mezza età potrete evincere come ad esempio il tono crescente che caratterizza le domande in italiano sia totalmente assente dalla sua parlata),
- l’assenza di genere (non esiste il femminile o il maschile: ad esempio in finnico esiste un solo pronome hän, che corrisponde a esso/essa),
- il gran numero di casi grammaticali,
- la presenza di suffissi che assolvono alla funzione dei nostri aggettivi possessivi,
- costruzioni particolari che sostituiscono il verbo avere, ecc.
Una lingua muore quando l’ultimo degli individui che la parla come madrelingua perisce. Alcune delle lingue ugrofinniche sono scomparse nel corso dei secoli, e almeno una è condannata ad estinguersi nel giro di qualche anno. Si tratta del livone, lingua parlata in una piccola zona sulle coste lettoni. Si stima che attualmente vi siano solamente 35 persone che parlino questa lingua, di cui solamente una -una vecchietta centenaria- come madrelingua.